“Dalla pandemia all’infodemia con il virus che si insinua anche nella mente”. I dati della ricerca biennale “Infosfera” ideata e promossa dal laboratorio Unisob MediaLab dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli dimostrano come l’epidemia di Covid-19, scoppiata nel mese di gennaio 2020, abbia rapidamente scatenato anche un’infodemia (un’epidemia di informazioni) non solo attraverso le piattaforme online, come Facebook e YouTube, ma anche attraverso i mercati. Un’infodemia nel corso della quale i social media sono stati inondati con una valanga di annunci fuorvianti 24 ore su 24, notizie false, narrazioni su teorie della cospirazione e molto altro ancora.
Per i direttori della ricerca Umberto Costantini, docente di Teoria e tecniche delle analisi di mercato ed Eugenio Iorio, docente di Social media analysis, la sintesi del fenomeno che si è sviluppato con la pandemia e la spiegazione di movimenti ideologici senza basi scientifiche come quelli novax l’aveva già teorizzata Douglas Rushkoff oltre vent’anni fa nel suo celebre volume “Media Virus”. Spiegano i due: «I media virus si diffondono attraverso la datasfera come quelli biologici si diffondono in un corpo o in una comunità, ma, anziché propagarsi in un sistema di circolazione organica, un media virus attraversa le reti del mediaspazio. Il “guscio proteico” di un media virus può essere un evento, un’invenzione, una tecnologia, un sistema di pensiero o una teoria scientifica, basta che catturi la nostra attenzione. Qualsiasi guscio di media virus cercherà le nicchie e gli angolini ricettivi nella cultura popolare e farà presa ovunque verrà notato. Una volta che si è insediato, il virus inietta i suoi programmi più nascosti nel flusso dei dati sotto forma di codice ideologico».
La ricerca di Unisob MediaLab realizzata in collaborazione con il centro studi democrazie digitali, la Fondazione Italiani – Organismo di ricerca e l’Associazione italiana della Comunicazione pubblica e istituzionale, ha registrato un clamoroso aumento del tempo trascorso su internet dagli italiani (prima del Covid-19 il 50,09% degli italiani trascorreva non meno di 4 ore su internet e durante il Covid-19 la percentuale è arrivata all’83,8%) e si è soffermata anche in questa edizione sul tema delle fake news per altro in questo periodo strettamente connesso a quello dell’infodemia causata dal virus. ‘Drammatici’ i dati raccolti in tal senso. Un italiano su due non ha ben chiara la differenza tra comunicazione politica e comunicazione pubblica e istituzionale. Il 64,37% degli italiani non sa distinguere una pagina Facebook da un sito bufale. L’86,13% non sa riconoscere un profilo fake di Twitter. Il 60,78% confonde il sito di bufale proposto come un sito di informazione.